Ottobre 2016: Ciclo sul Cambiamento

Nel mese di ottobre ad Azzano San Paolo, abbiamo tenuto 3 incontri per scoprire il piacere di filosofare attraverso il dialogo, in uno scambio di esperienze, di confronto e di messa in gioco delle nostre visioni del mondo, dei nostri valori, delle nostre scelte su un tema importante e con il quale ci troviamo tutti coinvolti: IL CAMBIAMENTO. Per cercare di aprire maggiormente gli orizzonti di questo tema sconfinato abbiamo scelto di partire da qualcosa che conosciamo tutti benissimo: le nostre abitudini.  Dopo un breve stimolo iniziale ecco le domande emerse dal gruppo:

  • Quali sono i fattori che fanno di una persone un essere abitudinario?
  • L’abitudine può essere così rassicurante da non farci cambiare?
  • Quali sono i rischi e i benefici di un’abitudine duratura?
  • L’abitudine può definirsi consapevole o inconsapevole?
  • Quali sono gli stati d’animo che proviamo quando ci troviamo di fronte al nuovo?
  • L’abitudine consiste in una serie di comportamenti o è un abito mentale?

ABITUDINI AAASi è dunque sviluppata un’ampia discussione per cercare di mettere in luce i vari aspetti delle nostre abitudini: da un lato confortevoli, rassicuranti, rappresentanti della stabilità di ciò che è noto, capaci di farci risparmiare tempo per fare altro, sinonimo di efficienza, un piacevole non rischiare che mette in luce anche la nostra organizzazione ma dall’altro un qualcosa che non ci arricchisce, che è scontato , qualcosa che si presenta anche come un accontentarsi, una monotonia inconsapevole che ci rende schiavi di imposizioni e necessità sociali.  Per la maggioranza le abitudini sono azioni ripetitive, meccaniche, routinarie caratterizzate da rigidità e passività. Tuttavia come ci ricorda Dewey, le abitudini rappresentano anche le scelte che abbiamo fatto nei nostri incontri con l’ambiente e le persone. Dall’infanzia alla fanciullezza comincia e si sviluppa il nostro modo di abitare nel mondo. E quindi le abitudini rappresentano anche il nostro modo di sentire e trovare un senso nel mondo e di essere in esso in modo attivo.

pers_1In questo mondo cangiante e in continuo mutamento abbiamo deciso di dedicare il secondo incontro al tema del cambiamento nella declinazione “Cambiare sé stessi tra desideri e paure”. Abbiamo invitato i partecipanti a rispondere  alla domanda: QUAL’E’ L’ASPETTO DI VOI STESSI CHE VORRESTE CAMBIARE E PERCHE’. La riflessione in questo caso è stata molto intima e personale: ognuno si è sentito particolarmente coinvolto se è vero, come gli studi filosofici ci dicono, che l’essere umano per sopravvivere impara ad accettare ciò che è e a desiderare continuamente di andare altrove (ex-sistere).  Così le domande e la discussione che ne è seguita ha toccato i concetti di identità, desiderio, motivazione, scelta… Per tutti l’aspetto da modificare non è quello fisico o strettamente emozionale bensì quello relazionale, così sono emersi quegli aspetti che creano insoddisfazione nei rapporti interpersonali come: impulsività, incostanza, fiducia, vulnerabilità, aggressività. Procedendo nel dialogo il tema che è emerso e intorno al quale si è manifestato il maggior interesse è stato quello dell’autostima.  E che cos’è l’autostima? Argomentando ci siamo trovati d’accordo col significato che possiamo trarre dall’enciclopedia “Treccani”: Considerazione che un individuo ha di sé stesso. L’autovalutazione che è alla base dell’a. può manifestarsi come sopravvalutazione o come sottovalutazione a seconda della considerazione che ciascuno può avere di sé, rispetto agli altri o alla situazione in cui si trova. Queste considerazioni ci spingono a riflettere sull’importanza del sistema educativo, ambientale, culturale nella formazione dell’identità la quale, pur nella consapevolezza della continuità e coscienza di sé (necessaria,  pena la disintegrazione della personalità) cambia, si trasforma, cresce  all’interno di un sistema relazionale che necessariamente porta l’individuo ad una continua riorganizzazione nei rapporti con sé stesso e il mondo che lo circonda.

viaggioE così siamo giunti all’ultimo incontro a dialogare intorno al Viaggio dell’esistenza,  già di per sé metafora del cambiamento se consideriamo il “viaggio” non il semplice spostamento da un luogo ad un altro o come percorso dalla nascita alla morte, bensì come esperienza singolare tra spazio e tempo, passato e futuro, soggetto e mondo, cioè simbolo complesso della complessità umana , evento capace di plasmare, modificare o alterare l’identità di ciascuno. Lo stimolo di partenza , in considerazione proprio del “viaggio-simbolo” ,  è stata una lettura tratta dal libro “L’arte della vita” del famoso sociologo Z. Bauman.  Più precisamente abbiamo indagato il significato della metafora del “gettare l’ancora oppure del radicarsi”.  Se nel discorso comune gettare l’ancora è l’espressione usata per indicare la condizione di chi si ferma finalmente e definitivamente dopo un lungo viaggio, indicando così il raggiungimento della quiete, del luogo sicuro in cui trascorre il resto dell’esistenza, magari dopo una vita travagliata, quello che propone Bauman è invece un’immagine riletta alla luce della condizione attuale: dall’immagine romantica di un porto dove si getta l’ancora per il definitivo riposo dopo le fatiche dell’esistenza, nella nuova situazione “fluida” del nostro tempo, lascia il posto ad un movimento continuo, a un sostare mai definitivo, a un continuo prendere e lasciare, appunto un issare e gettare l’ancora. Ecco quindi le domande dei nostri ospiti:

  • Come facciamo a capire di essere arrivati nel porto ideale?
  • Chi è al timone?
  • Cosa ci fa muovere verso il cambiamento?
  • Esiste il radicamento?
  • E’ indispensabile muoversi?
  • L’uomo ha necessità di nutrirsi di esperienze per crescere/generare la vita?

La discussione ci ha portato a riflettere sulla nostra situazione di provvisorietà e movimento, ma anche permanenza e stabilità e quindi quanto le immagini del gettare l’ancora e quella del radicamento siano figure illuminanti perché: Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove. (P. Cacucci)

Ringraziamo tutti i partecipanti di Azzano che ci accolto nel loro paese e che hanno dialogato con noi! A presto!!

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